Il caos del ridicolo.
Dopo le reazioni scomposte di Di Maio e di Di Battista che hanno chiesto la messa in stato di accusa del Presidente della Repubblica e di Salvini che ha evocato "marce" su Roma, si cominciano a delineare gli ulteriori sviluppi della crisi politica.
E non sono tranquillizzanti.
Occorre chiarire con fermezza che Mattarella ha rispettato la nostra Carta costituzionale. Il Capo dello Stato è il garante della Costituzione e la Costituzione gli attribuisce il potere di nominare il Presidente del Consiglio e i Ministri che gli propone quest'ultimo. Ciò significa che il Presidente incaricato dallo stesso Capo dello Stato propone e il Capo dello Stato decide se la proposta non è in contrasto con gli interessi della Nazione che rappresenta nella sua interezza.
Le segreterie dei partiti possono indicare e suggerire nomi, ma la scelta finale è del Capo dello Stato, perché i partiti rappresentano solo una parte degli Italiani, mentre il Consiglio dei Ministri deve governare nell'interesse di tutti gli Italiani.
La partitocrazia ha spesso imposto nomi secondo il "metodo Cencelli". In questo senso l'anomala alleanza gialloverde si è mossa nel solco della Prima Repubblica. Basti pensare alla andreottiana "politica dei due forni" rievocata da Di Maio.
Dimenticano Di Maio e Salvini che Scalfaro pose il veto alla nomina di Previti come Ministro della Giustizia proposto da Berlusconi. Esiste quindi un precedente che conferma la correttezza dell'operato di Mattarella, anche perché all'epoca nessuno chiese di mettere Scalfaro in stato di accusa.
La verità è che Savona era il casus belli per Salvini per andare alle urne subito, sapendo che il Capo dello Stato non avrebbe mai abdicato al suo ruolo di garante della Costituzione accettando come Ministro chi propone l'uscita dell'Italia dall'euro pur in presenza di vincoli europei non derogabili se non uscendo anche dall'Europa.
Non si può essere un giorno contro l'Europa e il giorno dopo a favore. Ne va della credibilità dell'Italia. Purtroppo, i nuovi leader politici gialloverdi non sono credibili, non sono affidabili. La loro spregiudicatezza ha portato al caos, ma ora la loro inaffidabilità li sta facendo apparire ridicoli.
Le prossime elezioni saranno un "referendum" su chi vuole restare in Europa e chi vuole uscirne (come Salvini e Di Maio, sebbene ogni tanto affermino falsamente che vogliono rimanerci per cambiarla dall'interno).
Troppe giravolte per essere credibili, ma sufficienti per essere ridicoli.
© Mauro Cavalli
cavalli@maurocavalli.eu
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